Aspettativa di vita alla nascita e spesa sanitaria: intervista a Daniela Bianco

Negli ultimi 40 anni i cittadini italiani hanno guadagnato 10 anni, con un aumento dell’aspettativa di vita che ha raggiunto 83,3 anni, anche se sono aumentati quelli vissuti in non buona salute (+ di 2,5  anni). Questi alcuni dati che emergono dal Rapporto annuale “Meridiano Sanità”, redatto ormai da 13 anni dal Think Tank The European House – Ambrosetti a proposito del quale abbiamo intervistato la dott.ssa Daniela Bianco, Partner della società e responsabile della Divisione Healthcare, per capire meglio le dinamiche di cambiamento dell’aspettativa di vita in Italia, le differenze di spesa sanitaria a livello regionale e le relazioni con lo stato di salute e le condizioni economiche. Alcuni di questi dati sono stati presentati anche in occasione del Convegno organizzato da UniSalute lo scorso gennaio a Roma dal tema “Sanità integrativa e Fondi Sanitari: nuove sfide e scenari evolutivi”.

Il miglioramento dell’aspettativa di vita alla nascita non significa che tutti gli anni “guadagnati” dalla popolazione siano vissuti in buona salute, anzi è stato rilevato come una buona parte di essi sia in condizioni di malattia. Vediamo, dunque, qual è la situazione in Italia e quali sono le prospettive per un futuro in salute.

Aspettativa di vita e spesa sanitaria: quale evoluzione in Italia?

Nel 1978, l’aspettativa di vita alla nascita in Italia era di 73,3 anni, nel 2016 ha raggiunto quota 83,3, derivante dalla media tra gli 80,6 anni per gli uomini e gli 84,9 delle donne. Di fatto, in 40 anni, ovvero da quando è stato fondato il Servizio Sanitario Nazionale, la popolazione italiana ha guadagnato ben 10 anni di vita, “però – specifica subito la dottoressa Bianco – l’aspettativa di vita in buona salute è calata di due anni e mezzo.”

Soprattutto nell’ultimo decennio, osserva l’intervistata, sono state introdotte innovazioni importanti nel campo della medicina e delle tecnologie che hanno avuto un effetto esponenziale. “Basti pensare all’arrivo dei farmaci immunoterapici e biologici, ai nuovi vaccini disponibili e alla diffusione di nuove tecnologie di diagnosi e trattamento, tra cui la chirurgia robotica, per fare un esempio”.

aumento aspettativa di vita

Al Nord più longevi che al Sud

I dati raccolti da The European House – Ambrosetti evidenziano come esistano delle differenze geografiche ancora piuttosto marcate. Tra Trentino Alto Adige, che guida la classifica, e il fanalino di coda, la Campania, ci sono 2,8 anni di differenza dal punto di vista dell’aspettativa di vita alla nascita.

“Poiché ci sono vari fattori che concorrono a determinare l’aspettativa di vita, non è possibile – commenta l’intervistata – individuare una causa unica di queste disparità. Il nostro sforzo è quello di individuare quali altre condizioni hanno un impatto sull’aspettativa di vita, in modo tale da comprendere quali potrebbero essere i fattori che spiegano il disequilibrio.” Tra esse, il Rapporto evidenzia le differenze nella ricchezza regionale e disponibilità di risorse per la sanità, mettendo insieme spesa pubblica e privata. “Si vive meno a lungo nelle Regioni con PIL inferiore, ma non soltanto. Emerge, infatti, che l’aspettativa di vita è inferiore dove i tassi di copertura degli screening sono più bassi.” Ciò dipende, secondo la dottoressa Bianco, da investimenti in attività di prevenzione che si sono fatti negli anni da un lato e da fattori culturali dall’altro, “Ad esempio, si rileva – aggiunge l’intervistata – che in alcune Regioni del Centro-Nord, anche laddove non si registra una elevata partecipazione ai programmi di screening pubblici, si registra un tasso maggiore di copertura di screening che sono realizzati privatamente in campo di prevenzione oncologica, cosa che non avviene generalmente nel Sud Italia.”  

Vivere più a lungo, ma a quale prezzo?

Al netto delle distinzioni geografiche, l’intera popolazione italiana oggi vive più a lungo, ma, come anticipato, ciò non significa che si invecchi sempre in buona salute, “rispetto al passato, abbiamo avuto una diminuzione del tasso di mortalità ma si vive più a lungo e in condizioni di cronicità e comorbidità.”

Il tasso di mortalità a causa delle malattie cardiovascolari è diminuito del 63,7% dal 1978 ad oggi, un calo considerevole sia in termini percentuali che assoluti. Si è passati, infatti, da 671,6 decessi ogni 100.000 abitanti a 243,7. Queste non solo le uniche patologie ad essere meno mortali rispetto a 40 anni fa: il tasso è calato del 16,9% per le neoplasie, e del 47,1% per le malattie respiratorie.

“Questo cambiamento – illustra la dottoressa Bianco – ha un impatto importantissimo sulla spesa sanitaria.” Infatti, analizzando le curve che la descrivono, si osserva come i picchi di spesa nell’ambito sanitario equivalgano al momento della nascita e poi, a seconda delle patologie, a partire dai 60-65 anni in poi. “Si osserva, inoltre, un picco di cronicità a partire dai 75 anni, quando il 65% degli italiani deve gestire almeno due malattie croniche.”

La popolazione invecchia: perché e con quali effetti?

invecchiamento popolazione

La popolazione invecchia, dunque, e non soltanto perché vive più a lungo. Secondo quanto emerge dal rapporto “Meridiano Sanità”, ciò dipende da due fattori:

  1. l’allungamento della vita media che, però, tenderà a rallentare nel ritmo di crescita poiché molti esperti sono concordi nell’evidenziare come ci si trovi già molto vicini a limiti massimi di età raggiungibili;
  2. la diminuzione della popolazione giovane rispetto a quella anziana. Questo elemento dipende anche dal calo delle nascite, un trend che non fa intravedere un’inversione di tendenza nel medio termine.

Per queste ragioni si parla, in termini generali, di invecchiamento della popolazione italiana che ha di conseguenza degli effetti concreti in termini di salute. Da un lato, infatti, aumenta il peso dell’invecchiamento sulla spesa sanitaria e un esempio importante è quello della long term care, ovvero la la spesa di assistenza per le persone non autosufficienti.

Una seconda conseguenza dell’invecchiamento medio della popolazione è che si riduce la fascia più attiva e giovane della popolazione, che attraverso la tassazione, mette a disposizione le risorse per finanziare la spesa pubblica per la sanità e il welfare. “Questo spiega – commenta l’intervistata – la forte preoccupazione sulla sostenibilità della spesa pubblica sanitaria perché, appunto, ci sarà sempre più bisogno di servizi socio-assistenziali e sociali, che l’attuale sistema di welfare non riesce a garantire e a cui già oggi è il sistema sanitario che fornisce delle risposte.”

spesa sanitaria regionale

Prevenzione, innovazione e welfare aziendale per il futuro

La prospettiva è, dunque, chiara ed è necessario, tanto quanto urgente, partire da questi dati per porre le basi di un futuro in salute per la popolazione. Dal punto di vista della spesa sanitaria pubblica, The European House – Ambrosetti non ha dubbi: i settori su cui investire sono prevenzione e innovazione.

“Se, grazie ad uno stile di vita salutare, a politiche di screening e prevenzione vaccinale, si riesce a prevenire l’insorgere o l’acutizzarsi di una malattia  – spiega la dottoressa Bianco – va da sé che aumentano gli anni di vita che possiamo vivere in buona salute, riducendo il numero di anni che assorbono più risorse e in cui la qualità della vita si riduce notevolmente.” Mentre, dal punto di vista dell’innovazione, è fondamentale sostenere le innovazioni tecnologiche, terapeutiche, scientifiche, ma anche organizzative che consentono di migliorare l’efficienza e l’efficacia del sistema sanitario e la salute dei pazienti.

In occasione della presentazione dei dati a Roma, Fiammetta Fabris, Amministratore Delegato di UniSalute, in base alla decennale esperienza delle coperture sanitarie per i Fondi Sanitari di categoria, ha commentato questo scenario ricordando che “l’investimento in prevenzione potrebbe far risparmiare notevoli somme di denaro pubblico, che in parte potrebbero essere reinvestite per migliorare la qualità dei servizi offerti, per lo studio e la cura di patologie ancora incurabili e in parte nello sviluppo economico del Paese”.

diagnosi precoce
L’adozione (oggi) di misure atte a incrementare gli investimenti in prevenzione dovrebbe portare (domani) a una riduzione del numero di persone da curare. Adottare un tale approccio significherebbe, quindi, anche guardare alla spesa sanitaria (o a una larga parte di essa) più in termini di spesa per investimenti che di parte corrente.

Investire in prevenzione vorrà quindi dire studiare e implementare strategie che non saranno necessariamente limitate a interventi nel settore sanitario. Al contrario, sarà necessario effettuare interventi che:

  • promuovano e consentano ai cittadini italiani di vivere una vita sana, attiva e indipendente fino a tarda età
  • contribuiscano alla sostenibilità ed efficienza del sistema sanitario, sociale e del welfare
  • contribuiscano all’ideazione di prodotti e servizi connessi al benessere, alla longevità e all’invecchiamento attivo in salute (active and healthy aging).

“Da un punto di vista di benessere collettivo – ha commentato l’Ad UniSalute – la strategia ottimale dovrà essere quella di disegnare politiche sanitarie orientate alla prevenzione che siano “dinamicamente efficienti” su più fronti, il che implica creare oggi le migliori condizioni per operare meglio domani anche attraverso sinergie tra pubblico e privato. Risulta sempre più evidente  la necessità di dar vita ad un nuovo sistema in cui, accanto alle prestazioni pubbliche a carattere universale, si rafforzino e si uniscano forme sanitarie integrative, con una chiara definizione degli aspetti di intervento pubblico e privato; un sistema che incentivi la spesa sanitaria mutualizzata, sia a livello collettivo sia a livello individuale. Infatti, una revisione delle modalità di compartecipazione alla spesa può garantire una popolazione più protetta, con criteri di maggiore equità, sostanzialmente a parità di costi per le famiglie”.

L’obiettivo è quello di formulare proposte che consentano l’elaborazione di policy volte a salvaguardare il carattere universale della sanità pubblica, a rendere più efficiente la spesa tramite l’integrazione con la sanità privata, a recuperare posizioni nel confronto internazionale in termini di qualità delle cure e benessere dei cittadini soprattutto nell’abito di specifiche aree sanitarie quali l’assistenza domiciliare in caso di patologie croniche, non autosufficienza, odontoiatria, fisioterapia.

L’articolo Aspettativa di vita alla nascita e spesa sanitaria: intervista a Daniela Bianco sembra essere il primo su InSalute.

Leggi tutto