Fukushima: iniziato il rilascio dell’acqua radioattiva nell’oceano, è davvero senza rischi?

Il giorno X è arrivato. Come preannunciato, in Giappone sono appena cominciate le operazioni di sversamento dell’acqua – appositamente trattata – proveniente dalla centrale nucleare di Fukushima, colpita dal devastante sisma e dal conseguente tsunami l’11 marzo 2011. Nonostante le remore di alcuni Paesi vicini come la Cina (che ha definito il piano “estremamente egoista e irresponsabile”) e dei pescatori locali, lo scarico nell’oceano Pacifico attraverso un tunnel sottomarino è iniziato alle ore 13.00 (6.00 in Italia).

Per riuscire a smaltire l’impressionante quantità di acqua (1,34 milioni di tonnellate) immagazzinata nei serbatoi ci vorranno, però, decine di anni, probabilmente almeno 30. La prima fase di scarico, iniziata oggi, dovrebbe durare circa 17 giorni. L’acqua in questione è stata sottoposta dalla società TEPCO (Tokyo Electric Power Company) ad un apposito trattamento di diluzione ed eliminazione di tutte le sostanze radioattive tranne il trizio, un isotopo dell’idrogeno i cui livelli non sono considerati pericolosi dagli esperti.

Le posizioni contrarie al piano giapponese

La decisione del Giappone di procedere col piano di rilascio nell’oceano ha sollevato un grosso polverone nei Paesi vicini, in particolare Cina e Hong Kong, che stanno optando per un blocco delle importazioni di prodotti ittici provenienti dal Giappone. E non sono mancate le posizioni contrarie da parte del mondo degli ambientalisti; il piano giapponese è stato aspramente criticato da Greenpace, che si dice profondamente indignata in quanto la decisione non tiene conto risoluzione 48/13 del Consiglio per i diritti umani, che nel 2021 ha sancito il diritto ad avere un ambiente pulito, sano e sostenibile.

“Invece di impegnarsi in un dibattito onesto, il governo giapponese ha optato per una falsa soluzione – decenni di deliberato inquinamento radioattivo dell’ambiente marino – in un periodo in cui gli oceani del mondo stanno già affrontando stress e pressioni immensi. Questo è un oltraggio che viola i diritti umani delle persone e delle comunità di Fukushima e di altre prefetture vicine e della più ampia regione dell’Asia-Pacifico” sottolinea Shaun Burnie, specialista nucleare senior di Greenpeace East Asia.

L’associazione ambientalista punta poi il dito contro le politiche energetiche del Giappone a sostegno del nucleare.

L’inquinamento deliberato dell’Oceano Pacifico attraverso questi scarichi di rifiuti radioattivi è una conseguenza del disastro nucleare del 2011 e del programma nucleare decennale del Giappone. – aggiunge Hisayo Takada, Project Manager di Greenpeace Giappone. – Invece di riconoscere i difetti dell’attuale piano di disattivazione, la crisi nucleare in corso e l’enorme quantità di fondi pubblici richiesti, il governo giapponese intende riavviare più reattori nucleari nonostante le prove di gravi terremoti e rischi per la sicurezza. L’attuale piano energetico del governo non riesce a fornire energie rinnovabili sicure e sostenibili come l’energia eolica e solare che l’emergenza climatica richiede.

Le rassicurazioni degli scienziati

Ma davvero l’acqua può contaminare i pesci o rappresentare un pericolo per la salute umana? Secondo l’Aiea (Agenzia internazionale per l’energia atomica) non abbiamo nulla da temere in quanto l’impatto radiologico sull’ambiente e sulle persone sarebbe trascurabile e in linea con gli standard di sicurezza globali.

Attraverso il suo sito web, l’agenzia sta fornendo in tempo reale i dati relativi al rilascio di acqua trattata dalla centrale nucleare di Fukushima. Gli esperti rassicurano che la concentrazione del trizio è ben al di sotto dei limiti di pericolosità.

Gli esperti dell’Aiea hanno raccolto campioni questa settimana delle acque preparate per la prima fuoriuscita – ha fatto sapere in una nota l’organismo delle Nazioni Unite, che supervisiona le operazioni. – L’analisi condotta indipendentemente sul posto ha confermato che la concentrazione del trizio radioattivo era ben al di sotto del limite massimo di 1.500 becquerel (Bq) per litro.

A concordare con questa posizione Alessandro Dodaro, direttore del Dipartimento Fusione e Tecnologie per la Sicurezza Nucleare dell’Enea, che spiega ai microfoni dell’Ansa:

Il quantitativo di materiale radioattivo è a livelli tali che non avrà alcun impatto sull’ambiente. Non ci sono rischi, i livelli di radioattività sono molto bassi e la comunità scientifica è unanime nell’affermarlo. Si tratta di concentrazioni già molto basse che diminuiranno ulteriormente, e di molto, una volta disperse in mare senza produrre pericoli.. Ogni pratica che prevede l’uso di sorgenti radioattive, anche un semplice laboratorio per analisi radiologiche, ha nell’autorizzazione una formula di scarico. Ciò significa che può immettere nell’ambiente effluenti (liquidi e/o gassosi) che abbiano un contenuto di radioattività al di sotto dei limiti stabiliti dall’Autorità di Controllo in modo da non avere impatto sull’ambiente e sulla popolazione.

Per approfondire la questione vi consigliamo di leggere la nostra intervista ad Alessandro Dodaro, che chiarisce perché il rilascio delle acque dellea centrale nucleare rappresenta la soluzione più adeguata.

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Fonti: AIEA/TEPCO

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