Il commovente ricordo del militare che trasportava le salme di Bergamo: “fanno parte del mio cuore”

Sono state l’immagine simbolo di questa lunga emergenza sanitaria, l’emblema di una sciagura che è toccata anche a noi, quella di dover convivere con un virus subdolo e con cui, in molti, hanno fatto i conti di persona. C’è stato un momento in cui sembrava non potessimo più uscirne, tanti erano i morti per quel maledetto Covid-19. E quelle bare in quei camion dell’esercito in colonna a Bergamo, ecco, quelle non le dimenticheremo più.

È passato più di un mese da quello scatto e quella, purtroppo, non fu l’unica volta che mezzi militari dovettero trasportare salme. Quelle foto hanno fatto il giro del mondo e ora uno dei militari che la notte tra il 18 e il 19 marzo trasportarono le bare di decine di persone morte di coronavirus a Bergamo, lascia le sue toccanti parole.

Lui è Tomaso Chessa, che presta servizio a Solbiate Olona, nel Varesotto, e fa parte del Reggimento di supporto tattico e logistico del Corpo d’armata di reazione rapida della Nato in Italia e ha voluto condividere sui social network il proprio pensiero:

Tu guidi, scambi due chiacchiere con il collega alla parte opposta della cabina, ma quando per forza di cose, per un istante il silenzio rompe la tua routine, il tuo pensiero si posa su di loro, realizzi che dentro quel camion non siamo in due, ma in sette… cinque dei quali affrontano il loro ultimo viaggio

Comincia così, Chessa, nel suo post condiviso alla vigilia della Fase due dell’emergenza, ricordando i momenti in cui era al volante di uno dei camion dell’esercito.

Ti rendi conto di essere la persona sbagliata, o meglio, qualcuno doveva essere al posto tuo ma purtroppo non può… tocca a te… ed è li che senti addosso quella grande responsabilità, qualcosa che ti preme dentro, ogni buca, ogni avvallamento sembra una mancanza di rispetto nei loro confronti…
poi arrivi lì alla fine del tuo viaggio, dove ti ritrovi ad abbandonare ‘il tuo carico’, oramai fa parte di te, come se ti togliessero una parte di cuore, ed è li che cerchi di capire l’identità del tuo compagno di viaggio

E conclude con un monito, quello di proteggere i nostri cari:

La cosa che mi dispiace di più, nonostante questo, amici e famigliari, continuano a non rendersi conto che tutto questo non è uno scherzo, la gente muore, chi non muore soffre, facile dire qua non siamo a Bergamo… Bene, abbiate la coscienza ed il buon senso di tutelare i nostri cari che hanno la fortuna di vivere in posti più sicure, ma non dimenticate che sbagliare è un attimo…
Spero un giorno di poter conoscere i cari dei miei compagni del loro ultimo viaggio, ma se così non fosse sappiano che c’ho messo l’anima!”.

Chessa ha così condiviso con noi il profondo legame creatosi con le persone che stava trasportando, nonostante non ne conoscesse l’identità. Un ricordo che gli rimarrà indelebile per sempre.

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