Sistema welfare in Italia: nella fase post Covid-19 serve una nuova alleanza tra pubblico e privato

Con l’inizio della Fase 2 e il conseguente allentamento delle misure restrittive e la riapertura delle aziende, l’Italia è entrata in quella che è stata definita la fase “post-emergenziale” o della “convivenza” con il virus. La situazione che riguarda il nuovo Coronavirus infatti è lontana dall’aver trovato una soluzione definitiva, come dimostrano la diffusione del contagio nel mondo – con oltre 5 milioni di casi – e i decessi. Tuttavia, lo scenario sta lentamente migliorando e in questo periodo di transizione, caratterizzato dal distanziamento sociale e dal rispetto di alcune norme per la sicurezza, in attesa di un vaccino o una terapia efficace, è fondamentale analizzare i danni che il lockdown ha causato e trovare nuove soluzioni per far ripartire il Paese. A questo proposito, considerando le gravi conseguenze economiche e un Sistema sanitario nazionale (SSN) fortemente sotto stress dallo scoppio della pandemia, ci si chiede quale sia – oggi e in futuro – il ruolo del welfare in Italia e il suo contributo nella fase post Covid-19. Di fronte a un evento  che ha sconvolto tutti gli assetti e ha causato un’emergenza sanitaria globale, come si può sostenere il Paese attraverso una rinnovata rete sociale? Una nuova sinergia tra sforzi pubblici e privati può essere la soluzione?

L’impatto della pandemia in Italia: i dati The European House – Ambrosetti

Coronavirus caso sospetto

La fase 2 ha avuto inizio il 4 maggio e, dopo due mesi di lockdown, l’Italia riapre le case e gli uffici. Ma da quali condizioni riparte? Se ne è discusso la settimana scorsa durante il webinar di Welfare, Italia, il think tank nato dalla partnership tra Unipol  Gruppo e The European House – Ambrosetti, che ha attivato, all’inizio del 2020, un Osservatorio per monitorare l’evoluzione del virus in tutto il mondo e il successivo impatto nella società, a livello sanitario, economico e previdenziale. Vediamo insieme la situazione attuale messa in luce dalla ricerca.

Crisi economica: impoverimento del Paese e crollo del PIL

Secondo l’Osservatorio, la pandemia ha avuto conseguenze importanti sul sistema economico del Paese: a questo proposito è stato pubblicato un modello di analisi per quantificarne gli impatti effettivi. Valerio De Molli, Managing Partner e Ceo della società The European House – Ambrosetti, ha illustrato la fotografia attuale dell’Italia, mostrando la prima importante previsione che riguarda la contrazione del PIL: per il 2020 si prevede essere pari a -8,5%, ben peggiore rispetto a quella conseguente alla crisi del 2009.

“Questi input ci posizionano con uno schema di gioco che vede da -4,5 a -12,5, con un PIL reale che potrebbe andare a 1,6 trilioni di euro, che significa i valori del 1998. Torneremo quindi indietro di 22 anni di crescita economica” ha spiegato l’esperto. Questo, ovviamente, porterà ad aumentare le condizioni di povertà attuale: secondo De Molli, “la metà delle famiglie italiane, se si azzerasse il reddito da lavoro, avrebbe solo cinque mesi di autonomia sulle riserve di asset finanziario. Si celebra spesso la ricchezza del nostro Paese, dimenticandosi che la ricchezza è vera, sì, ma concentrata sul fatto che, tradizionalmente, le famiglie italiane sono proprietarie di immobili, quindi si tratta di riserve che non si trasformano in reddito in tempi brevi”. Secondo le prime stime, dunque, si prevede un raddoppiamento degli italiani in condizione di povertà assoluta, quindi dai 5 milioni attuali a 10 milioni.

Crisi sanitaria: la fragilità del SSN

Covid-SSN

Durante la fase iniziale dell’epidemia, tuttavia, a essere messo in crisi è stato soprattutto il Sistema sanitario, sottoposto a uno stress-test immediato. Walter Ricciardi, consigliere del Ministro della Salute ed ex presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, ospite dell’incontro online, ha illustrato la situazione in cui il SSN si è trovato ad affrontare la pandemia: il problema dei tagli ai finanziamenti ha portato ad avere 5.000 posti in terapia intensiva per circa 60 milioni di abitanti, mentre la Germania, ad esempio, ha potuto contare 28.000 posti per 80 milioni di abitanti. “La Germania non ha mai avuto problemi di saturazione e ha continuato, per quanto possibile, a portare avanti le cure per tutti quei pazienti non Covid-19, quindi con altre patologie, fatto che in Italia non è successo” ha spiegato Ricciardi. A questa situazione di partenza, il SSN ha risposto con grande prontezza, arrivando quasi a raddoppiare in soli due mesi i posti letto, “cosa che nessun altro Paese ha mai fatto prima” continua l’esperto, evidenziando però come questo non sia il modo di risolvere le emergenze, che vanno invece prevenute.

Welfare in Italia post Covid-19: ripensare il sistema in base ai nuovi bisogni

L’impatto socio-economico e la crisi sanitaria hanno evidenziato la necessità di potenziare le risorse e determinato nuovi e crescenti bisogni di protezione nei confronti dei cittadini. Di fronte a questi dati preoccupanti, che sono stati resi pubblici durante l’evento, il sistema di welfare può – e deve assumersi – un ruolo centrale durante questa fase post-emergenziale. Secondo Stefano Genovese, responsabile delle relazioni istituzionali del gruppo Unipol e coordinatore del think tank, “non esiste una formula di welfare unica e uguale per tutti, perché sono diverse le condizioni sociali, economiche, e così via”. La prima necessità, dunque, è quella di “essere sempre all’ascolto. Crediamo nel ruolo centrale dello Stato, ma crediamo anche in un’integrazione con il sistema privato, in una visione integrata che ci dia delle soluzioni sostenibili nel tempo”. Gli effetti del Covid-19, infatti, colpiranno tutti gli ambiti interessati dal settore welfare, anche se con tempi differenziati – in primis la sanità, in particolar modo quella pubblica – e sarà quindi necessario rilanciare l’intero sistema di welfare in vista del mutamento del contesto e delle necessità che sono emerse in questi mesi di lockdown.

Integrazione pubblico e privato: un nuovo modello più sostenibile per il futuro

videoconsulto

Come abbiamo visto, quindi, durante la fase 1, sono nati nuovi bisogni, in particolare legati alla difficoltà di avere accesso immediato alle cure e all’assistenza medica. Sul SSN è stata riversata l’intera gestione dell’emergenza – dalle terapie intensive ai tamponi – e si è trovato di conseguenza sovraccaricato e in affanno, soprattutto nei confronti di tutte le altre patologie, non causate dal coronavirus. Ora che la situazione sembra volgere verso una “nuova normalità”, cosa può fare il welfare per cercare di prevenire in futuro una simile crisi? Secondo l’indagine – “Lockdown: come e perché sta cambiando le nostre vite” –  promossa da UniSalute e realizzata da Nomisma, istituto di ricerca bolognese, rispetto al sentiment degli italiani sull’emergenza in corso e sui possibili alleati per cercare di viverla in sicurezza e serenità, giocheranno un ruolo fondamentale app e servizi tecnologici a distanza per la tutela della propria salute. Inoltre, è emerso come il 57% degli intervistati ritenga necessaria una maggiore integrazione tra sanità pubblica e privata.

In questo contesto e per un prossimo futuro, come sottolineano anche gli esperti, il supporto del privato sarà decisivo per:

  • avere accesso immediato a cure e assistenza medica durante la fase acuta della crisi (fase 1);
  • disporre di servizi tecnologici a distanza per facilitare relazione medico-paziente nella fase post-emergenziale (fase 2);
  • ridurre la pressione generata sul SSN – e la conseguente gestione totale – durante la fase acuta dell’emergenza sanitaria.

Le proposte di UniSalute: verso una medicina più inclusiva e digitale

In questo senso, UniSalute non è rimasta ferma in questi mesi. Come ha spiegato Giovanna Gigliotti, AD di UniSalute, intervenuta al webinar, alcune delle possibili soluzioni di welfare, in realtà, sono già state portate avanti durante il lockdown. “L’obiettivo era quello di cambiare l’asset della prestazione spostandosi verso una modalità nuova in campo medico, ossia quello della tecnologia” ha raccontato Gigliotti.

Ma come può il privato aiutare il Ssn? Tra le soluzioni sviluppate da UniSalute in questi mesi, troviamo:

  • Le card per accesso a prestazioni mediche a tariffe agevolate, che agevolano il ricorso a prestazioni nell’ambito del Welfare “di base”.
  • #SicuriRipartiamo, l’offerta di servizi interamente dedicata al mondo delle imprese e dei suoi operatori economici per aiutarli a gestire la sicurezza durante la fase della ripartenza.
  • Telemonitoraggio per patologie croniche, come Monitor Salute, per migliorare il rapporto medico-paziente.
  • Video consulto e tele consulto per emergenza Covid-19, con l’obiettivo di alleggerire le strutture sanitarie dai positivi al virus e garantire così accesso alla medicina di base, con visite e prestazioni specialistiche, anche in momenti di difficoltà alle persone affette da altre patologie
  • #AndràTuttoBene, una polizza messa a punto da UnipolSai in collaborazione con UniSalute che permette alle aziende di offrire ai dipendenti una copertura assicurativa in caso di ricovero ospedaliero causato dal Covid-19, comprensivo di assistenza domiciliare a counselling psicologico.

Quello che si auspica per il futuro, quindi, è una maggiore sinergia tra pubblico e privato, dalla condivisione delle tecnologie alla creazione di piattaforme che consentano un monitoraggio a distanza dei pazienti, passando per la possibilità di occuparsi dei test sierologici e sgravare così il SSN. “Non c’è alcun tipo di sovrapposizione” spiega sempre Gigliotti, “ma l’obiettivo è provare a supportare la situazione complessiva del Paese, in modo nuovo, positivo e lungimirante”.
In questa direzione, infine, la tecnologia sarà al servizio della salute delle persone, per costruire un sistema di welfare – di cui la sanità è al primo posto – sempre più inclusivo ed efficiente.

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