Ti spiego i principi delle 3 R per adottare metodi alternativi alla sperimentazione animale

Sostituire, ridurre e perfezionare. Sono i principi delle 3 R, dall’inglese replacement, reduction and refinement, sostenuti dall’EFSA per adottare metodi alternativi alla sperimentazione animale, approcci che però vengono messi in pratica ancora troppo poco nel nostro Paese.

Sono all’incirca 500.000 le cavie su cui si eseguono test di ogni tipo da nord a sud dello Stivale, e non riguardano unicamente la ricerca medica. Su ratti, conigli, cani, uccelli, ma anche primati e suini vengono effettuati anche test di sostante quali alcol, droghe, tabacco e xenotrapianti.

Nel 2018, stando ai dati rilasciati dal Ministero della Salute, degli animali sfruttati nei laboratori 512 erano primati, di cui solamente 2 provenienti da colonie autosufficienti secondo quanto richiesto dalla Direttiva dell’Unione europea.

I restanti vengono importati da Paesi dell’Asia, ad esempio, e sono vittime di bracconaggio e traffici illegali.

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Come per le altre specie, acquistate e allevate negli stabulari dei laboratori, tutte le cavie sono sottoposte a esperimenti anche dolorosissimi, che nella maggior parte dei casi falliscono e si concludono con l’uccisione della cavia.

Anche se l’uccisione non è necessitata, i ricercatori procedono talvolta all’eliminazione. Lo hanno dimostrato le investigazioni condotte nell’azienda Aptuit di Verona, in cui si commettevano crudeltà e maltrattamenti.

L’uso degli animali per le sperimentazioni in vivo è oggigiorno ancora largamente diffuso in Italia e in Europa, malgrado i finanziamenti a progetti innovativi portati avanti dai centri di ricerca italiani e comunitari.

Vi sono infatti deroghe, che ai test in vitro o in silico, approcci alternativi promossi dall’EFSA nella valutazione del rischio, permettono sperimentazione su animali vivi.

In ambito accademico e scientifico, la Direttiva 2010/63/UE sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici consente “l’utilizzo degli animali ai fini scientifici o educativi soltanto quando, per ottenere il risultato ricercato, non sia possibile utilizzare altro metodo o una strategia di sperimentazione scientificamente valida, ragionevolmente e praticamente applicabile che non implichi l’impiego di animali vivi”.

Vale lo stesso anche per le sostanze chimiche Lo prevede il Regolamento REACH dell’Unione europea sulla valutazione delle informazioni sulle proprietà delle sostanze e sui pericoli che derivano da esse. Il Regolamento consente ai dichiaranti di effettuare sperimentazioni su animali “esclusivamente dopo aver esaurito tutte le altre fonti di dati pertinenti e disponibili”.

Tra le sostanze chimiche vi sono anche quelle impiegate dall’industria cosmetica, che così facendo finiscono per non essere realmente cruelty-free. Sebbene dal 2013 i test cosmetici su animali siano vietati nel Vecchio mondo, il REACH ammette deroghe e gli animali divengono nuovamente una risorsa.

Il dibattito è molto acceso. Per quanto riguarda  i test di alcool, droghe e tabacco, si dovrà attendere il 2025 per un divieto. Siamo invece lontanissimi da una ricerca senza animali, sebbene negli anni vi sia stata una leggera diminuzione delle cavie stabulate in Italia.

Le nuove tecnologie e le nuove invenzioni ci permettono oggi di raggiungere risultati un tempo impensabili. La ricerca senza animali va finanziata e sostenuta per una migliore protezione della salute umana e del benessere animale.

Non è più accettabile non avere una metodologia alternativa in grado di sostituire del tutto la sperimentazione in vivo. Oggi, 24 aprile, ricorre la Giornata mondiale degli animali da laboratorio, ma abbiamo così tanta storia da fare prima di poterla realmente celebrare.

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